Winter Dream

L'ostinato silenzio delle stelle

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foivluf
view post Posted on 22/12/2013, 12:14 by: foivluf     +1   -1
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ECCOLO....
Il libro L'ostinato silenzio delle stelle, la terza uscita della collana Memorie dal Futuro, che dal 2011 RiLL dedica annualmente a un solo autore, scelto fra quelli che più si sono distinti nell’ambito del Trofeo RiLL. L'antologia verrà presentata venerdì 29 novembre a Roma ed è questa l'occasione per parlarne con l'autore.

Questo volume contiene racconti di fantascienza e fantastici. Hai degli autori di riferimento, nella letteratura di genere e non? «Alcuni autori fanno letteralmente da sottofondo alla mia esistenza. Devo tantissimo, nella mia personale poetica, a questi scrittori. Sopra tutti, Dino Buzzati e le sue metafisiche inquietudini. Si può dire che io ne sia innamorato. Segue Bradbury, col suo mistico afflato di infanzia, fatto di sogni intessuti tra il fantastico e il gotico. Ballard e la sua fantascienza sociologica rivolta all’inner space è per me fondamentale. Come poi non citare l’oscuro, ineluttabile “cosmo terrestre” di Matheson? I miei personaggi devono anche molto a Dick e alle sue distonie esistenziali e percettive. Amo anche Heinlein, Gibson, Herbert. E non disdegno la fantascienza “pulita” e di grande respiro: per dirla in una parola, Asimov. Sono cresciuto con le sue Fondazioni! Tra gli autori non di genere, poi, apprezzo particolarmente Primo Levi e Alberto Moravia».

I tuoi racconti presentano una certa varietà tematica. Il titolo dell’antologia, che è poi lo stesso di un racconto, fotografa un tema ricorrente: i protagonisti delle tue storie vivono, agiscono, e le stelle stanno a guardare. Non c’è Destino, non c’è Fato, o esseri superiori. Le stelle sono indifferenti, mentre gli uomini si affannano. È questa la tua “visione delle cose”?

«Potrei essere scambiato per nichilista, ma io ho una certa visione del cosmo. Il tema del destino è abbastanza esemplare. Vedo un universo in cui regna il Caso. O, anagrammando, il Caos. Il che poi è la destabilizzante scoperta di Planck. A livello microscopico, il Caso crea il mondo. Ma ci fornisce anche molte opportunità. Sta a noi “scegliere i tiri migliori”, come il demiurgo giocatore di Einstein. In altri termini, il destino è quello che noi ci facciamo con le mani, il cuore e il sudore. La Natura è indifferente, e se vogliamo (ma anche se non vogliamo) è crudele. Il cosmo è un silente scenario di inaudita ed efferata bellezza, ma non ha nulla a che vedere con le nostre vite. Io intendo affermare che il distacco dalla Natura, intesa come entità protettrice e genitore paterno, che ci “deve” la felicità, non può che fornirci la chiave per raggiungere l’indipendenza emozionale dal cosmo stesso e, con essa, l’illuminazione vera delle nostre vite. Dobbiamo staccarci da questa culla egotica, ed ergerci “più in alto delle stelle”. Lo chiamerei supremo coraggio».

Spesso i tuoi personaggi prendono consapevolezza della loro condizione nel corso del racconto, restandone spaventati, o rassegnandosi. Penso a Saburo, il protagonista del racconto che dà il titolo all’antologia… «Amo il contrasto assolutamente irrisolvibile tra fenomeno e noumeno, l’indecidibilità della nostra condizione di esseri pensanti e vivi, la non dimostrabilità del reale. Sono affascinato dai problemi che Kant ci ha lasciato, come fossero impossibili ed elusivi Koan buddisti. In questo mondo di realtà e ombre si muovono i miei personaggi, che spesso sono “qualcosa” senza sapere di esserlo; l’Agnizione che ne deriva, una vera frattura nel tessuto connettivo della percezione, è foriera di allucinanti epifanie; spesso affacciate a panorami su strapiombi infernali, altre volte rivelatrici di ampi squarci su visioni celestiali».

Nell’universo vuoto che descrivi, però, c’è spazio sia per gesti di umanità (penso ai vecchi soli protagonisti de Le stelle d’inverno) sia per la speranza: ognuno è artefice del proprio futuro, non c’è predestinazione, dici in Corrispondenze… «È proprio così. Per me l’umanità, e il sentimento supremo, l’amore, sono l’unico mezzo possibile per ingannare l’Eternità. L’universo “vuoto e freddo” è lo sfondo della nostra assurda condizione: una piccola veglia affannata, un lampo tra due infiniti neri, un tratto-punto-tratto di un alfabeto Morse cosmico. È come svegliarsi madidi di sudore nella notte, e poi doversi addormentare di nuovo quando il sonno è andato irrimediabilmente via. La vita è, vista così, un’aritmia del cuore cosmico: un’eccezione, una rottura, un’anormalità. Qualcosa che semplicemente non doveva accadere. Se ci pensate bene, la condizione normale e più probabile è il “non essere”, il buio. Esistere è l’eccezione».

Sei anche capace di cambiare del tutto registro. È evidente il tuo gusto per il surreale, come mostrano Il colloquio di lavoro e quel gioiello di lievità che è L’uomo lunare... «Per natura sono molto curioso e amo provare di tutto. Per questo non c’è quasi un racconto uguale all’altro. Il colloquio di lavoro nasce da uno straniamento grottesco di fronte all’assurdità di certi processi di selezione, nelle aziende. L’uomo lunare è una favola, e un sogno personale, anche perché amo l’epopea spaziale degli anni ‘60. E naturalmente amo Roma… E se le missioni Apollo fossero partite dal rione Monti?».

Un elemento centrale in tante storie di fantascienza è il tempo. Tu ci giochi ne L’ombra, Nella notte assetata e Corrispondenze. Che rapporto hai col tempo? «Il Tempo è una variabile fisica e dipende, come noto, dal moto dell’osservatore. Ma dipende anche da altri fattori, più legati alla percezione umana. C’è infatti un correttivo da apportare alla Relatività di Einstein, per me: il tempo dipende dal moto emotivo e dell’anima dell’individuo». Rispetto a tanti autori incontrati al Trofeo RiLL, tu non hai un romanzo nel cassetto. Scrivi solo racconti, magari lunghi, ma “solo” racconti. C’è un motivo specifico? «Il racconto è la sublimazione del mio modo di scrivere, più vicino alla poesia che alla prosa. Mi piace cristallizzare un momento, eternare delle immagini, raccontare emozioni intense e compresse nel tempo. Acquerelli e schizzi di colore, più che affreschi rinascimentali. Il racconto mi permette di costruire una vita nel giro di poche pagine, iniziare e concludere, vivere un “lampo” narrativo come un’esplosione. Ma questo non vuol dire che non ho intenzione, in futuro, di affrontare l’immensa sfida di un romanzo…».

Come si può leggere in quarta di copertina, sei un ingegnere. Ami il Giappone e la scherma, come si intuisce da alcuni racconti. E senti che le stelle intorno a te sono silenti. C’è qualcosa da aggiungere? «Sono un ingegnere, ma anche molte altre cose. Mi piacciono le materie umanistiche. L’amore per il Giappone proviene dalla pratica delle arti marziali tradizionali giapponesi, che seguo tuttora. Amo le stelle, anche se continuano a persistere nel loro “mutismo”… e forse è meglio così».

Venerdì 29 novembre presenteremo a Roma L'ostinato silenzio delle stelle, l’antologia di racconti di Massimiliano Malerba. L’incontro si svolgerà presso la Libreria Gocce d'Inchiostro (via Bertani 11, zona San Cosimato - Trastevere), dalle 19 in poi. A parlare del libro, con noi, anche gli scrittori Marco Onofrio e Francesco Troccoli.

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16 replies since 28/11/2013, 15:17   177 views
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